martedì 18 maggio 2010

ATENA (ovvero Medaglioni divini - chapter 4)


Eccoci alfin giunti alla vera storia di chi mi ha ispirato il gruppo: oggi parleremo di Atena, poi storpiata latinamente in Minerva.
Tutto ebbe inizio una notte nella quale Zeus, di ritorno dalle sue solite scorribande a donne e ragazzine carie, ebbe dopo secoli un’improvvisa richiesta dalla mogliettina di giacere con lui. Zeus però, sfinito dalle 27 ragazze sverginate nelle poche ore precedenti, finse un improvviso mal di testa per evitare di farsi scoprire. Era, che fessa non era, attese che il marito s’addormisse e con le sue doti magiche gli procurò un vero mal di testa che perseguitò il padre degli dei per giorni e gironi, come avesse un palo nel cervello. Disperato un giorni si aprì il cranio a testate e con somma sorpresa uscì una splendida fanciulla armata di scudo e lancia (“ecco cosa cazzo era quel palo” pare, secondo ciò che ci tramanda Esiodo, fu ciò che esclamò Zeus).
Questa nascita fu inattesa da tutto l’Olimpo, la povera ragazza vagava come una disperata per tutto il palazzo, facendo disperare chiunque perché, vista la profonda intelligenza, tediava ogni divinità che incrociava con lunghissimi discorsi filosofici e sillogismi aristotelici (N.d.a.: A quel tempo Aristotele ancora doveva nascere…) e così papà e mamma la cacciarono a pedate in quel di Atene, città della quale portava il nome (i genitori eran tifosi dell’Athletikon Panathinaikon di lancio del giavellotto) perché tediasse gli umani aprendo un’università privata (da quel dì furon chiamate “atenei” non per altro) e facesse vivere in pace i consanguinei superni che le avevano affibbiato il dolce nomignolo di “Pallade” perché le rompeva sempre a tutti.
All’inizio gli affari della nuova attività di Atena andavano bene, frotte di giovincelli attici andavano da lei a farsi maciullare il cervello (pare che ad Atena sia da attribuire l’invenzione della ridente pratica nomata “Dominazione psicologica”) con i suoi ragionamenti senza senso, finchè un giorno accadde il fattaccio. Una favolosa ragazza lesbica, di nome Aracne, sentito parlar molto bene della dea (e innamoratasene) decise di far colpo su di lei sfidandola sulla manualità e le propose di vedere chi sarebbe riuscita prima a creare un centrotavola a forma di Ford Ka. Putroppo per Aracne, tali aggeggi erano del tutti lontani ancora dall’esser immaginati, ma la dea, in quanto dea, da dea tutto sapeva e creò alla perfezione il centrino. Per punire la giovincella Atena decise di mutarla in gioviale ragnetta nera grossa e pelosa, ma il padre di Aracne, sindaco della città all’epoca DELLA corrente andreottiana… (N.d.a.: EH GIA’… ESISTEVA Già A QUEL TEMPO AMICI MIEI AMATISSIMI) fece sì che Atena venisse cacciata dalla città.
Da quel momento inizia un lungo peregrinare per isole città e paeselli, in cerca di lavoro casa e manico, finchè non conosce in quel d’Itaca il dottor Ulisse, noto latin-lover, nonché fraudolento, mentitore e corruttore.
I primi mesi furono meravigliosi: gite in barca, appassionate notti d’amore, cene a base di pesce persico e anguille dell’Egeo e promesse d’etterno amor… ma Atena a un certo punto iniziò a mostrare spesso a Ulisse il neonato Eros della sua sorellastra Venere, il che produsse nel nostro eroe strani singhiozzi, mal di testa notturni e spossatezze a comando. Un brutto giorno, per liberarsi dal rischio che sentiva aleggiare nell’aere, Ulisse finse d’aver scoperto la sua vera natura d’omosessuale e confessò all’amata donzella che per non farla soffrire oltre si sarebbe ritirato per sempre nella ben nota isola dei Froci, poco distante da Itaca.
Questo colpo fu terribile per la nostra dea che perse il senno, fuggì e vagò disperata per tutto il mondo; oggidì pare che si aggiri scarmigliata, con le vesti strappate e il seno graffiato lungo le fredde coste delle isole Svalbard, cedendosi una valchiria in cerca di Odino…

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