giovedì 30 dicembre 2010

Insensate ciclicità

Aprii la finestra
c'era la neve
terrea
scavai nella neve
scoprii terra
unghiai la terra smossa
uno scrigno mi punse
ne scardinai il lucchetto
arrugginito
vidi un cuore palpitare
lo sezionai
ne sgorgò sangue
vivo
lo raccolsi in mano
divenne polvere grigia
mi destai
ansante

lunedì 27 dicembre 2010

LA RICERCA DELLA FELICITA' - Michel Houellebecq


Premetto subito che sarò di parte, dal momento che considero Houellebecq tra i più grandi, se non il più grande, narratore della nostra realtà degli ultimi decenni, meritevoel del Nobel alla letteratura, che però mai riceverà per il suo essere natipatico, restio al mondo e controcorrente.

In questa opera, ultima uscita da Bompinai, sono raccolte, tradotte per la priam volta in italiano,quattro precedenti lavori già editi nella sua Francia, e possiamo definirlal come un contemporaneo prosimetro sul mondo e la sua sofferenza dispiegata. Sì, prosimetro, perchè al suo interno vis ono brani in prosa, brevissimi saggi e lunghe poesie che come un coltello scuoiano, spellano, scavano nei nervi e nella carne dell'autore, uomo tra gli uomini del nostro tempo, perchè tramite dolore e sofferenza il poeta offre se stesso al mondo e agli occhi e alle menti di chi vuole entrare nel suo animo.

Il mondo descritto è lo stesso dei suoi romanzi capolavoro (Le particelle elementari, Estensione del dominio della lotta, La possibilità di un'isola tra i più belli, fondamentali da leggere per una persona di inizio millennio), le temtaiche quelle che da sempre sconvolgono l'uomo: il dolore esistenziale, la fondamentale solitudine umana anche nella compagnia, l'amore come unica via di scampo che però è negato sempre e comunque da una società che vive di lotta sociale, di apparenze, di vacuità degradante.

Forse allora solo il sesso può salvare l'uomo? Il sesso vive, palpita, si annusa in ogni pagian di H., ma è un sesso freddo, tecnico, una mera ginnastica genitale senza slancio, senza scopaggio cerebrale, prima e unica via alla conoscenza reciproca, e che si conclude con un coito glaciale e un allontanarsi immediato dei due corpi.

Quind? Quindi cosa ci resta? Nulal frose, forse il senso di una felicità irraggiungibile, decantata dalle grandi religioni e dalle filosofie, ma alla fine è una felicità che, coem nel supplizio di tantalo, è là a portata di mano, ma una volta sfiorata ci sfigge, evapora, diviene nebbia umana.

Tutte le 400 pagine del libro (saggio? romanzo? raccolta poetica? tutto ciò insieme!) sono da divorarsi come un freddo panino alla cotoletta di uno squallido bar di periferia (che sia Calais, Dignone, Milano, poco cambia), ma due momenti sono defintivi e necessari: la distruzione dei grandi cosiddetti classici (Jacques Prevert è un coglione è il titolo di un devastante mini saggio) e infine, soprattutto, l'agghiacciante teoria/pratica per schedare ogni singolo essere umano adulto, quasi fossimo marionette inutili nelle mani di dei irraggiungibili e sadici, che in chiusura di questa mia recensione credo sia necessario citare.

"Meditando sulla numerizzazione progressiva del mondo, elaboro il progetto di un numero sessuale normalizzato riclacato sul principio del numero della previdenza sociale con 13 cifre. Il sesso sarebbe codifcato su un carattere, l'anno di nascita su due; poi verrebbero la statura e il peso (cinque caratteri). Per le donne, il sistema usuale di misure (giro fianchi-giro vita-giro petto); per quanto riguarda gli uomini lunghezza e diamtero del pene in erezione. Su queste basi, una donna potrebbe essere codificata su 14 caratteri, un uomo su 12 (il che conferma l'opinione corrente sulla maggiore complessità della donna). A mo' di esempio, ecco i numeri sessuali normalizzati di alcuni amici: 159173651704, 26116144875585, 164168581405."

mercoledì 15 dicembre 2010

LATTE VERSATO - Chico Buarque


Durante il mio soggiorno aostano entrai in una di quelle rare librerie che ancora vivono di passione, e scambiai due chiacchiere con il libraio chiedendogli un consiglio su qualche scrittore brasilaino contemporaneo che non fossero sempre i soliti (Amado, Guimaraes Rosa, o il terrribile prezzemolino Coelho) e mi parlà di "Latte versato", di Chico Buarque de Hollanda, da me conosciuto come cantante. Ritornato a Mestre lo cercai, lo comprai e giusto oggi l'ho finito di divorare.



Quest'opera è un tuffo nell'ironia che scioglie il dolore, nella joi de vivre che cela la malinconia, nelle splendide contraddizioni d'uno splendido paese, il Brasile appunto.

Eulalio d'Assumpção è un centenario che giace moribondo sul lurido letto di un ospedale pubblico di Rio de Janeiro, finito lì perchè, mentre si stava facendo una doccia, era caduto rompendosi il femore poichè si stava masturbando contro la parete del bagno perchè gli era apparsa la sua ossessione, la moglie Matilde, mulatta sensuale e libertina, che, sposata diciassettenne da giovane dopo pochi mesi era sparita nel nulla lasciandogli un neonato di pochi mesi, gettandolo nella disperazione e tormentandolo con sue apparizioni.



Il romanzo è un continuo flashback sulla vita di quest'uomo, che vede disgregarsi la fortuna della sua antichissima e nobile famiglia brasiliana, che vede il declino anche morale di nipoti e bisnipoti, e che appunto ricerca per gli 80 anni di vita rimasta, sempre mantenendo totale fedeltà, la moglie che lo aveva abbandonato.

Di lettura agevole, rapida e convulsa, vi farà sorridere davanti alle disavventure quasi fantozziane della famiglia e dei personaggi che affollano le sue pagine, vi faraà incazzare per le ingiustizie e i comp0ortamenti indegni degli esseri umani, vi farà piangere perchè è anche un lamento dell'abbandono sentiemntale di un uomo che "aveva la sensazione di possedere un desiderio potenziale equivalente a quello del padre, per tutte le femmine del mondo, sebbene concentrato in una donna sola", Matilde apputno, che a suo modo dà il titolo al romanzo (e potrebbe essere stato altrimenti?)

sabato 11 dicembre 2010

PROMESSE CONIUGALI (ovvero una storia lumbarda del XXI secolo in XIV capitoli al fin di smontar quell’ebete del manzoni)



Lucia, casta e virginea fanciulla bergamasca, fidanzata con Renzo, giovane comasco ricamatore in una losca azienda di cinesi a Lodi, nonchè latente omosessuale innamorato del vecchio parroco del suo paese, tale Ambrondio, viene rapita da Rodericus, pornodivo e culturista norvegese, che la porta nella sua villa sul Lago Maggiore dove passano notti indimenticabili.

Mentre Lucia e Rodericus giocano a twister a letto, Renzo, accompagnato dai suoi due amici Cassius e Mentula, nottetempo cerca di infilarsi nella canonica per soddisfare le sue malate bramosie, ma Ines, la mamma di Lucia, vecchia ex prostituta d'origini andaluse, preoccupata più delle tendenze del futuro cognato che del rapimento della figlia lo pedina.
Scopertolo a brache calate davanti al letto di Ambrondio, lo mette in fuga con un coltello a serramanico, e Renzo prende la strada di Milano per evitare l'evirazione.

Con Renzo in fuga, Ines si rammenta della sua povera Lucia, sempre intenta a scoprire nuovi mondi dell'eros, e decide di fare un salto da un suo vecchio cliente, Cristobal, padre gesuita di Coimbra, noto puttaniere in gioventù, perchè vada a parlare con Rodericus. Il vecchio padre, oramai sifilitico, accetta di buon grado e giunge nella villa neoclassica del pornodivo norvegese. Qui, mostrandogli il suo corpo disfatto dal mal venereo, lo convince a lasciar libera la fanciulla, non più casta nè virginea, e insieme si muovono verso Monza, per cercar di raggiungere il fuggitivo Renzo.

Renzo, giunto a Milano, incontra un gruppo di punkabbestia a Porta Genova e, viste le sue inclinazioni, fa subito "profonda amicizia" col capo, Borromea, transessuale di Fortaleza chiamata nel giro "O Cardinal" per il suo amore per gli abiti talari rossi. Nel frattempo Lucia e il sifilitico Cristobal, stanchi del cammino, si fermano a Monza nel monastero di Frau Gertrud, vecchia mistress bavarese, non sapendo a cosa vanno incontro.

Renzo passa una settimana tra notti all'addiaccio in Stazione centrale e furtarelli a negozi di cinesi e squallidi ipermercati di periferia, fino a quando una notte confessa il suo amore a Borromea, ma il viados gli confessa che il suo cuore è già di un altro... il nostro povero ricamatore in lacrime fugge disperato e vagando per losche strade di periferia giunge in zona San Siro.

Intanto a Monza Lucia subisce per una settimana le sevizie della sadica Gertrud ("attenzioni" che alla nostra fu casta e virginea fanciulla parvero piacere assai) ma Cristobal, stufo che nessuna monaca lo badasse, chiama il suo vecchio amico d'infanzia Gennaro "il SenzaNome", capoclan di Afragola, che con un commando irrompe nel monastero, uccide le sante donne a mitragliate e porta via i due nostri eroi, direzione Milano.

Renzo, non potendo sapere che la sua amata era ormai divenuta una ninfomane e viaggiava alla sua ricerca con un sifilitico e un camorrista, incontra nel suo vagabondare un gruppo di buskers catalani, i Los Bravos, il cui capo, tale el Grisù (chiamato così per i suoi gravi problemi di aerofagia) lo ospita nel loro tendone, frequentato da prostitute, tossici e sbandati vari, insegnandogli l'arte del giuocare con le clave.

Periglioso fu il viaggio del trio:da Monza a Crema furono perseguitati da Azzecca Bottoni,temibile testimone di Geova,alla fine strangolato da Gennaro.A Sesto S.Giovanni incrociarono Primo Carneade,energumeno calabrese che giusto per non farle perdere esercizio violentò Lucia su un albero mentre Cristobal riprendeva il tutto col suo I-Phone,ma alla fine giunsero presso una strana tendopoli vicina a S.Siro.

Grazie a El Grisù Renzo era ormai diventato un busker molto ricercato, che aveva ritrovato la via dell'eterosessualità grazie a Cecilia, detta "La Peste", una diciassettenne campana tutta peperoncino e lascivia, che l'aveva irretito in un amen. Tutto pareva esser idilliaco quando presso il lercio tendone dei Los Bravos giunse uno strano terzetto: un incartapecorito frate sifilitico, una fu virginea fanciulla mutata dalla vita in ninfomane e un vecchio camorrista sfregiato...

Lo sguardo di Renzo copulante con Cecilia cadde sugli occhi lubrichi di Lucia che saettarono verso di lui appena vistolo. Cecilia capi al volo e si gettò sulla ragazza taglierino in mano, ma venne fermata da Gennaro che le spezzò il polso facendola innamorare di lui all'istante per i modi galanti. Lucia giunse davanti a Renzo e schiaffeggiatolo lo possedette là, mentre Cristobal applaudiva, non sapendo ciò che stava per accadergli.

Lacrime scendevano dagli occhi di padre Cristobal a quella visione: Renzo finalmente violentato da Lucia e Gennaro "Il SenzaNome" e Cecilia "La Peste" in idillio d'amore gli fecero rammentare la sua giovinezza quando, seminarista, nessun bordello di Coimbra era passato indenne dall'instancabile fantino. Troppe furono le emozioni per quel vecchio ormai segnato dalla sifilide, e il cuore gli esplose senza dolore, facendolo cadere nella fanghiglia del tendone.

Cristobal era morto, il suo corpo già roso dai ratti di fogna che vagavano presso il tendone, Renzo e Lucia finalmente riuniti, Gennaro e Cecilia due piccioncini. El Grisù, triste nel vedere la sua famiglia di disperati accattoni sciogliersi, si girò per andarsene, ma in quell'istante apparve Borromea, il viado amato da Renzo, che da sempre segretamente fremeva per lui. Si guardarono, si presero per mano e insieme si mossero verso una nuova vita assieme.

I miei lettori vorranno sapere come finirono le triste storie. Gennaro e Cecilia morirono in un regolamento di conti per lo spaccio di supposte al crac, Borromea e El Grisù coronarono il loro amore gay in quel di Rotterdam. E renzo e Lucia? Beh, Ambrondio, ormai debilitato dall'alzheimer, li sposò, ebbero due bei bimbi, ma Renzo finì per essere schiavizzato da Lucia, novella Semiramìs del Lago di Como...

Questa conclusione, benché trovata da merdosa gente, c'è parsa così giusta, che abbiam pensato di cazzarla qui, come il sugo rancido di tutta la storia. La quale, se non v'è dispiaciuta affatto, vogliatene bene a chi l'ha scritta, ma se in vece fossimo riusciti ad annoiarvi, beh, allora, potete davvero andarvene tutti affanculo!

FINIS

venerdì 3 dicembre 2010

LA BOTTEGA DEI MIRACOLI - Jorge Amado


Da tempo cercavo un libro che mi esplicasse meglio l'affascinante cultura umana e religiosa del Brasile: il candomblè, gli Orixàs (le divinità afro-brasiliane) e il sincretismo con i santi cristian, ma nessun saggio trovavo, così chiesi consigli sia in librerie sia a una mia amica e giunsi ad avere tra le mani ed aprire questo romanxi di Amado.

Come altri romanzi sudamericani e brasiliani letti, l'inizio risulta sempre pesante, per l'amore tutto latino-americano dell'ampollosità, del barocco, delle infinite descrizioni, che se nel cuore di un testo risultano affascinanti, all'inizio possono intimorire; ma superata l'erta iniziale, dopo vi si apre un universo in cui immergersi.

Salvador de Bahia, anni '70: una città, un popolo piange la morte di Pedro Archanjo, mulatto, bidello universitario ma etnologo tra i più vivi, babalorixa, amico di tutti, padre di figli sparsi nel mondo.

Partendo da questo elemento, la penna di Amado ci traccia con maestria, attraverso la vita del protagonista (ahimè inventato: non cadete nel mio sbaglio di crederlo esistito e passare ore a cercarne informazioni in rete!) un maestoso affresco della vita, dei colori, delle usanze e del dolore del popolo brasiliano.

Il romanzo è una saga famigliare, o meglio una saga plurifamigliare dal mometo che l'amore libero domina su tutto e tutti, e ogni bambino è figlio del popolo, non importa chi ne siano i genitori naturali; è un saggio sulla religione brasiliana che ci viene presentata attraverso i riti, le figure, le divinità; è un dipinto fatto di colori (i tramonti sull'oceano, la pelle dei protagonisti, i colori della città) e di odori (i profumi dei cibi, delle spezie, l'arome della cachça sempre presente, il profumo di rosmarino dei corpi di affascinanti ragazze mulatte); ma è anche un dolente lamento sul razzismo umano, sulla bassezza dell'uomo bianco che si vuol porre come assoluto dominatore di un mondo non suo, e un inno alla ribellione e alla libertà, con la teoria di fondo che solo il meticciato può salvare il mondo, perchè soltanto incrociando all'infinito culture, sangue, baci si può giungere alla VERA razza pura, la razza umana meticciata, nucleo fondamentale di tutte le ricerche di Archanjo.

Entrare in questo romanzo è come fare una passeggiata nel cuore del Brasile, nelle sue vaste contraddizioni, nella sua impareggiabile bellezza e nel suo unico fascino, sempre condotti per mano da Pedro Archanjo che "non è uno solo, ma vario, numeroso, multiplo, quarantenne, giovanotto, ragazzo, vagabondo, buon conversatore, buon bevitore, ribelle, sedizioso, organizzatore di scioperi, agitatore, suonatore di chitarra e chitarrino, innamorato, tenero amante, stallone, scrittore, scienziato, uno stregone. Tutti poveri, con la pelle scura, e civili"

mercoledì 1 dicembre 2010

O DOGMA

O amor
è uma mulher
que nunca decepciona,
os quais olhos
pretos
são como a lua
cheia na noite escura,
brilhante e feliz.

E’ o fogo na casa do pobre,
o fumo dum cigarro
nas esperas longas
da vida.
E’ o oxigènio na profundidade
do oceano:
precioso
vital
amado.

Aqui està e este è
o unico dogma
das todas as pessoas
humanas:
Amor è o quem è amado.