martedì 29 giugno 2010

RECENSIO - J. Coe, "La casa del sonno"

Dopo aver letto altri romanzi non male, ma che non hanno lasciato segni evidenti dentro di me, torno dopo un po’ di tempo oggi per presentare un libro davvero straordinario e che consiglio a tutti:

J. COE, “La casa del sonno”, Feltrinelli.

Già sin dalla mera architettura narrativa il romanzo si presenta come un piccolo gioiellino, con salti tra presente e passato, che si alternano tra capitoli pari e quelli dispari, e con le varie sezioni (che seguono le fasi del sonno scientificamente studiate), collegate tra loro dallo stesso gruppo di parole che però si riferiscono a tempi diversi.
Ma oltre all’architettura generale, anche l’arredamento di storie, personaggi, luoghi che si incrociano, si ritrovano, si perdono e si incontrano rendono il lavoro di Coe un lungo andirivieni nella mente umana e nel senso del tempo che si perde senza speranze (vago richiamo, probabilmente, a “Gli anni” di V. Wolf) e che tiene il lettore attaccato, ora con un sorriso, ora con una lacrima, ora con un moto di rabbia per ciò che sarebbe potuto succedere e non è stato, sino all’ultima pagina.
I personaggi (il disperato innamorato Robert, l’archetipo di scienziato pazzo Gregory, la dolcemente folle Sarah, il novello Ulisse Terry, alla ricerca eterna di un film del neorealismo italiano, forse inesistente e di cui esiste solo un unico fotogramma) sono pupazzi in balia del tempo, pupazzi che però cercano sempre la loro realtà e la loro natura anche perdendosi e mutando radicalmente forma.
La genialità di Coe si rivela anche nella sapiente costruzione a scatole cinesi di tutto l’intreccio, nella presenza di momenti di grande comicità e in due trovate indimenticabili: una finta breve autobiografia con la presenza di note al testo saltate che presentano conseguentemente commenti dissacranti, in un gioco che solo la potenza della lingua può permettere, e la consegna all’appendice conclusiva, extra narrativa, di tre documenti (una poesia, una lettera e una trascrizione) che svelano definitivamente ciò che ancora ci era stato lasciato nell’ombra nebbiosa del mistero.
Concludendo, un romanzo che consiglio caldamente a tutti, perché perdersi nei labirinti della mente umana, che sono in fondo anche i nostri, è una possibilità anche di trovare noi stessi.

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