giovedì 3 febbraio 2011

L'INFINITO VIAGGIARE - Claudio Magris

Di Claudio Magris avevo già letto, anni addietro "Danubio", che mi era piaciuto ma avevo trovato troppo intellettualoide e auto-referente, così mi sono avvicinato a questa per me seconda opera del giornalista e studioso tregestino un po' titubante.
Sin dalle primissime pagine però me ne sono innamorato subito, perchè altro non può fare, sfogliando le pagine, i capitoli che condensano 23 anni (1982-2004) di viaggi (di lavoro, di piacere, di cultura), chi come me adora viaggiare, indipendentemente che lo si faccia nello spazio, laddove i sempre più scarsi soldi e tempo ce lo concedano, o nella mente.
Come detto è un libro che raccoglie, come un taccuino offerto coram populo, 23 anni di vita di Magris, tra situazioni comiche (l'incontro con un rabbino a Vienna), altre di immobile adorazione (la scrivania di Dostoevskij), altre di lacrime pienamente umane (i ricordi fugaci della foto fatta con la moglie, defunta al tempo della stesura definitiva, sul ponte Carlo a Praga), e mille altre che sezionano una vita, un animo e un mondo che sono tutti tessere minuscole del puzzle chiamato esperienza.
Inseguendo nell'inchiostro versato Magris, in un'Odissea perenne che esiste solo finchè non v'è ritorno nella sua personale Itaca, si incontrano citazioni di libri da leggere e spesso mai prima sentiti, oltre a massime, pensieri o semplici scambi dialogici con poeti, intellettuali o uomini di tutti i giorni, illuminanti e che da assetato di citazioni qual sono non potevo non sottolineare per farne tesoro, farne dono a voi e per ritrovarli quando tra qualche decennio riprenderò in mano questo libro.
Insomma, "L'infinito viaggiare" è un altro di quei libri che consiglio a chiunque, a patto che si ami viaggiare, si ami farsi guidare e si ami la letteratura tout-court, intesa come invito al viaggio polisemantico e polisensico
Chiudo questa mia recensione citando la dedica stessa di Magris, che leggevo a ogni apertura di volume e che mi commuoveva sempre, per lo straordinario di senso d'amore coniugale che sprigionava, sentimento che la nostra società pare abbia seppellito nel suo cinismo e nel suo egoismo come colonne dell'esistenza

A Marisa
e ai compagni di viaggio che ho amato
e che sono già arrivati

(n.d.a. Marisa è la moglie di Magris, defunta poco prima dell'edizione del testo)

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