giovedì 25 marzo 2010

Ponte vecchio. Ovvero autoanalisi d'una storia mai nata.

Il primo fulmine spezzò in due il cielo e poco mancò che la sommità di quel quasi millenario campanile facesse la fine di un giocattolo nelle mani di un bambino un po’ troppo esuberante.....

Federico aveva probabilmente scelto il periodo peggiore per tornare a respirare l’aria della città da lui più amata, la città del giglio e della carne, delle aspirazioni vocali e dell’arte, ma questo ancora non poteva saperlo. Non voleva credere né poteva pensare che esistessero momenti nei quali il suo spirito non avrebbe dovuto aleggiare sugli antichi selciati di Firenze, ma per gli eterni ottimisti quale lui era anche la peggiore guerra non è altro che il preambolo di un nuovo arcobaleno.....

Come Lei si chiamasse non riusciva a scolpirselo nella mente; Martina forse, o ..Giulia..; ma il suo lato simbolico lo soccorse e negli occhi si creò l’..imma..gine della pace.. IRENE! Finalmente aveva il nome e ora doveva sforzarsi per rammentarlo e per non fare le solite, eterne brutte figure che ormai l’avevano reso simpaticamente famoso tra tutti i suoi amici.....

Irene era passata all’incrocio della sua vita il mese precedente, quando nello stanco ipnotizzarsi di fronte al monitor, dando vita una dietro l’altra alle sue Gauloises blu cui non riusciva più a staccarsi da che le aveva conosciute, come esse fossero (e tristemente forse davvero lo erano) la sua amante più fedele e spregiudicata.....

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E furono i soliti, tanto noiosi quanto necessari, convenevoli che roboticamente tutti coloro che erano entrati nel novello labirinto di Creta che erano le chat ben conoscevano. Cosa cercavano? Cosa volevano? Un partner da scopare allo spasimo? L’amico del cuore o l’amore della vita? O il nemico da umiliare, sconfiggere, abbattere, annullare?....

Nessuno poteva saperlo, neppure loro, ma di certo Federico e Irene si piacquero subito. Avevano passati in comune, avendo entrambi lottato col peggior avversario che tutti possiamo conoscere, la solitudine sentimentale, e per entrambi la Via non poteva che essere l’Arte, letteraria, musicale, fumettistica non importava, ma l’Arte, dono più prezioso che tutti noi possiamo ricevere.....

Era chiaro a entrambi che DOVEVANO conoscersi al più presto per non lasciare che il fiore del cactus appassisse, e le possibilità c’erano tutte: lei era andata a Firenze per perfezionare le sue abilità nel disegnare storie e lui era appena stato licenziato dalla libreria dove aveva speso gli ultimi due anni e perciò viveva solo di tempo ormai.....

Accordarsi per la metà di dicembre fu la conseguenza della necessità reciproca di incontrarsi, soprattutto per Federico che da sempre viveva d’istinto e sanguignità (chissà, forse per questo amava così tanto Firenze i cui abitanti in ciò gli erano assai simili).....

I giorni passarono velocemente tra mail e messaggi per accordarsi, stuzzicarsi, cercarsi in ogni momento della giornata, e con le rispettive fantasie che volevano spingersi sempre un po’ oltre ogni volta di più.....

Finalmente giunse QUEL giorno e Federico entrò nel treno che l’avrebbe condotto da Lei entro breve: l’appuntamento era per l’ora di pranzo nel luogo delle gite liceali, sui gradini del duomo, e per un fugace istante tornò a quel tempo della memoria.....

Ma per una volta finalmente non era tempo della memoria, era tempo del presente, e incurante dei fulmini e della pioggia che gli schiaffeggiava i capelli rinascimentali giunse al luogo prestabilito e puntuale Irene giunse.....

LE LABBRA. ....

Le sue labbra furono ciò che colpì come un montante Federico che si presentò alla sua concittadina (ebbene sì, si conoscevano a Firenze, ma le loro radici erano per entrambi nel lontano mare di Trieste) finalmente nel suo corpo e non più con degli inumani caratteri di un monitor.....

Il giorno rincorse se stesso velocemente, Federico ed Irene ebbero tutto il tempo di parlare, di conoscersi e di fare progetti per quello che avrebbe dovuto essere un soggiorno troppo breve per ciò che le loro speranze avevano in mente.....

Davanti a una cioccolata calda, custode necessaria per il gelo che fuori li voleva abbracciare, Federico ed Irene scoppiarono in una fragorosa risata quando scoprirono che le iniziali dei loro nomi, sola cosa che alla fine possediamo veramente di noi stessi e degli altri, non erano altro che la sigla della città che li aveva visti conoscere, F ed I, Firenze!....

Rapidamente giunse il momento del commiato, un abbraccio e un bacio da amici; per altro, pensò Federico, era presto e ci sarebbero stati i giorni successivi. Ormai ne era certo, l’aveva trovata, aveva trovato chi avrebbe potuto togliergli quel peso ormai insopportabile d’esser solo, solo anche se circondato dai suoi amici più cari, solo anche se imbottigliato nel traffico dell’ora di punta.....

Con questi pensieri Federico spense la luce elettrica e quella dei suoi occhi, certo che il giorno dopo avrebbe fatto un altro tratto di quella terribile salita, non poteva non essere così!....

La sveglia che sempre si portava dietro fu inutile perché come avrebbe dovuto ricordarsi Firenze viveva ancora per molte cose nel medioevo, e il tempo era segnato dal suono delle campane del duomo che alle sette in punto richiamavano come otto secoli prima i cittadini al lavoro.....

Federico si alzò e svegliato dopo l’anima anche il suo corpo con l’acqua scese al bar per la colazione, momento sacrale per lui, ma nel far questo il suo cellulare che mai spegneva richiamò la sua attenzione. Era un messaggio di Irene e subito pensò che fosse il più dolce dei buongiorno che d’altronde attendeva, ma lette le parole di colpo si sentì un condannato al patibolo trainato sul carretto dell’umiliazione: Irene aveva scelto per il bene di entrambi che era meglio non si vedessero più perché lo aveva ..imma..ginato diverso da ciò che parlando con lui aveva scoperto.....

A Federico parve di precipitare di colpo nel burrone della montagna che stava scalando: cos’era successo? Perché? Era una persona difficile, senza peli sulla lingua da sempre e per scelta non temeva di esporre le sue antipatie e i suoi amori ( e lui o amava o odiava, difficilmente qualcosa lo lasciava indifferente), ma erano parole, erano le figlie dei suoi pensieri che essendo fatti di ..imma..terialità potevano comunque modificarsi nel tempo, e quante volte aveva poi cambiato opinione su qualcosa per un accadimento avvenuto a sorpresa!....

Ma Irene non volle sentire ragioni, aveva fatto una scelta ponderata e, forse troppo simile a lui, non aveva intenzione di ritornare su suoi passi: questo era e DOVEVA essere un addio e Federico non potè fare altro che chinare il capo ed accettare che ancora una volta, per l’ennesima volta, era stato sconfitto.....

Il suo sangue gli esplose nelle vene, e nei suoi sogni avrebbe voluto placarlo decapitando con la sua spada, come i grandi condottieri medievali, i prigionieri dopo una battaglia campale, ma sapeva ciò che dopo l’ira furiosa lo attendeva e perciò si chiuse nella sua stanza e catarticamente esplose in lacrime, lacrime liberatorie e purificatorie come la pioggia che il giorno prima aveva visto Federico ed Irene felici assieme raccontarsi le rispettive vite mentre si trascinavano a vicenda di locale in locale.....

Ormai quel che doveva succedere era successo e prima di sporcare l’amore che provava per Firenze con la macchia scura come la notte polare di quell’esperienza Federico decise di prendere il primo treno possibile per il suo mare triestino, ma ormai si parlava del giorno successivo in tarda serata.....

Le ore che lo distanziavano dalla sua dipartita furono difficili da superare: conosceva perfettamente Firenze come si conosce alla perfezione il copro della propria amata, e cercava in tutti i modi di girare per conoscere posti nuovi, per calpestare selciati ignoti ai suoi piedi, ma sempre tornava per ripassare nelle strade che li aveva visti assieme abbracciati, sempre gli sembrava di vedere i suoi capelli lontani tra il brulicare dei turisti, sempre sentiva il suo odore se qualche ragazza gli passava accanto.....

Il nemico andava affrontato frontalmente, quindi decise con coraggio di andare a bere la sua ultima birra e fumare l’ultima Gauloise fiorentine nel locale che appena conosciuti Irene gli aveva indicato come tra i suoi preferiti.....

Appena seduto finalmente il fantasma di lei scomparve dalla sua mente e FINALMENTE godette del freddo di quella birra nel freddo dell’aria e godette d’ogni boccata dei quella benedetta sigaretta.....

Il tempo era infine giunto e lentamente si avviò al luogo che circolarmente apre e chiude ogni viaggio e in breve giunse alla stazione; un breve e spuntino e di corsa su quel maledetto treno, via per sempre da quel fantasma, da quel dolore che non voleva sparire come una macchia di sangue mal lavata.....

Ma ciò che è morto non può essere ucciso, i fantasmi tornano sempre dove erano vissuti e nati, e infatti non appena le rotaie abbandonarono la loro immutabile stasi il cervello di Federico fu posseduto dal fantasma di ciò che sarebbe potuto essere un sogno.....

IRENE ERA TORNATA!....

A quel punto solo una soluzione per liberarsi di tutto era rimasta a Federico, una soluzione definitiva e dalla quale non avrebbe mai più potuto tornare indietro: armeggiò nei suoi bagagli, estrasse l’arma che lui da sempre aveva preferito, la liberò rapidamente dalla sua sicura e puntando dritto come un toro sul drappo rosso si mise a scrivere…


2 commenti:

emilia ha detto...

e la nuova storia fiorentina quando la leggeremo?

ezzelino ha detto...

non c'è NULLA da scrivere su quella stronza... lei mi ha voluto cancellare dalla memoria, io la ripago con la stesa moneta: AN EYE FOR AN EYE, A TEETH FOR A TEEH!